Una bella intervista con Shira Yaziv, dove si parla di Movement Training, improvvisazione, acrobatica non lineare, creatività e altri aspetti legati alla pratica fisica.
Shira sono tanti anni che è in movimento. A tutti gli effetti, anche se lei non si definisce una mover, può essere considerata una pioniera del Movement Training.
E non solo ama muoversi, ma ama anche incoraggiare gli altri a farlo, spingendo a trovare nuove modalità di movimento e ad essere creativi mentre si imparano nuove abilità.
Ha un background in Capoeira, arti circensi, strength and conditioning, danza e massaggio Thai.
Le piace lavorare con le persone che si sentono intimidite da questo tipo di pratica e mostrarli che l’impossibile è possibile anche per loro, ma le piace anche creare nuove sfide per le persone che invece imparano rapidamente.
Siccome vuole essere in grado di danzare fino al giorno in cui morirà, la sua pratica si concentra molto sulla sostenibilità e la longevità.
Nata e cresciuta in Israele, da diversi anni vive in California e viaggia il mondo facendo workshop e seminari.

Se vuoi avere l’occasione di allenarti con Shira, considera che questo giugno terrà un workshop sul flow acrobatico e sull’improvvisazione in Italia a Padova: trovi tutte le info a questo link.
E ora, iniziamo l’intervista!
Hey Shira! Iniziamo con una domanda semplice (non proprio in realtà…). Che cos’è il Movement Training (se lo chiami Movement Training), e come definisci questa pratica?
Ogni persona potrebbe rispondere a questa domanda in maniera diversa. Ciò che mi viene in mente quando sento il termine “Movement Training” è il portare consapevolezza al tuo corpo fisico attraverso il movimento. Forse lo scoprire quello che il corpo è capace di fare, cosa che può essere realizzata attraverso la tecnica e/o l’esplorazione.
Comunque preferisco chiamare quello che faccio “Movement Exploration”, perché il tutto nasce più da un impulso di curiosità piuttosto che dal voler raggiungere un obiettivo specifico. O, più semplicemente, uso la parola “Danza” per descrivere quello che faccio.
Sei in questo campo dal lontano 2008 (se non prima) quando hai fondato Athletic Playground. È davvero molto tempo, e ti si potrebbe considerare una dei primi mover. A quel tempo vi era già la concezione di Movement Training come pratica in sé per sé o era ancora tutto molto embrionale? Puoi descriverci l’evoluzione di questo concetto di movimento? Su cosa è incentrata attualmente la tua pratica?
Non mi definisco una mover ma comunque mi muovo e danzo! Sono certa di non essere una dei primi. Ho sempre cercato di muovere il corpo in modi che mi interessassero. Da bambina amavo le sfide fisiche, come palleggiare il più a lungo possibile una palla, saltare il maggior numero di scalini o stare in equilibrio il più a lungo possibile sulle mani.
Nel 2000 ho iniziato a studiare Capoeira (una disciplina chiaramente incentrata sul movimento) e il mio insegnante dell’epoca era Ido Portal. Poco dopo aver iniziato a seguire le lezioni, iniziai a insegnare anche io come aiuto per il mio insegnante.
Penso che il Movement Training sia sempre esistito nella vita umana, per ragioni come la protezione, il cibo e il potere. Per di più, la parola movimento non è nuova nemmeno nel contesto delle arti; per esempio i ballerini e gli artisti marziali la usano da parecchi anni. Credo che oggi molte persone associno il termine movement a una pratica che rende più capaci fisicamente in senso generale (forza, flessibilità, equilibrio, coordinazione…) e che prepara ad affrontare ogni sfida fisica che si possa dover superare. Le persone usano questa parola in talmente tanti contesti differenti che è ormai difficile tenerne traccia.
Attualmente il mio interesse principale è la dance improvisation, sia solista che in relazione all’ambiente che mi circonda, con l’intenzione di essere presente e disponibile ad andare dove la curiosità mi porta.
Parli di flow acrobatico e acrobatica non lineare e definisci questo tipo di pratica essere a basso impatto e adatta a tutti. Insomma, vai contro la percezione comune dell’acrobatica, che è solitamente vista come attività rischiosa e ad alto impatto, e oltretutto accessibile solo da atleti d’elite. Puoi dirci di più sul tuo approccio e la tua filosofia riguardo l’acrobatica, cosa intendi per “flow” e “non lineare” in questo contesto, e perché pensi che l’acrobatica possa essere di beneficio per tutti?
È vero che la parola “acrobatica” può intimorire, soprattutto alle persone adulte senza esperienza nel campo. Quando insegno l’acrobatica il mio approccio è quello di capire con chi ho a che fare e di offrire a ognuno qualcosa su cui lavorare che possa aiutarli nell’essere più acrobatici. Spesso inizio i miei workshop chiedendo ai partecipanti cosa significhi per loro essere acrobatici. E, per ogni persona, essere acrobatico significa un qualcosa di diverso. Per esempio, per mia mamma appoggiare le mani al suolo, alzare una gamba e fare un piccolo saltello è già parecchio acrobatico!
Quello che mi interessa è preparare le persone a essere più acrobatiche rispetto a quello che sono in quel momento, ed è importante per me non spingerle verso situazioni d’infortunio. Quindi, la preparazione e il procedere a piccoli passi aiutano molto nel rendere tutto ciò fattibile e accessibile a un gruppo con diversi livelli di capacità. Soprattutto, per me non è così importante imparare il trick acrobatico in sé per sé, quanto piuttosto esperienziare cosa succede lungo il sentiero mentre stiamo cercando di imparare.
Ho imparato la maggior parte delle mie mosse acrobatiche a Capoeira. Quel tipo di acrobatica è solitamente non lineare, perché spesso appoggi la tua mano al suolo e ti muovi a spirale attorno a essa. Questi movimenti acrobatici sono molto più semplici da imparare e hanno anche meno impatto sul corpo. Gli atterraggi sono spesso più soffici perché ci si muove vicino a terra e si scarica molto meno impatto al suolo, a differenza di ciò che avviene nei trick lineari tradizionali.
A essere sincera, non penso che l’acrobatica sia una delle cose più importanti che si possano imparare, tuttavia può essere un modo molto divertente per le persone per conoscere di più il loro corpo, mettersi in gioco, e stupirsi spesso di essere in grado di fare cose che non avrebbero mai pensato di poter fare.
Per quanto riguarda il “flow”, ricerco il movimento continuo, dove non si distinguono un chiaro inizio e una chiara fine di ogni mossa.
Ti focalizzi moltissimo sull’espressività, la creatività e l’improvvisazione. Nella mia esperienza queste sono le cose più difficili da insegnare e da ottenere in una pratica fisica. Come le insegni alle persone? Inizi concentrandoti sul lavoro tecnico e di ripetizione di movimenti isolati, lavori tanto con l’improvvisazione e il movimento libero fin dall’inizio o cerchi di avere un equilibrio fra questi due approcci?
La bellezza dell’improvvisazione sta nel fatto che non esiste il giusto e lo sbagliato. Una volta che una persona lo capisce davvero, se ne va un sacco di pressione. Quello che faccio di solito quando insegno ad improvvisare sono dei semplici giochi che spingono a esplorare tutte le possibilità nell’ambito di limiti molto chiari. Per esempio, potrei chiederti di stare sui tuoi piedi e vedere dove può andare la tua testa senza muoverli. O chiederti di guardare le tue mani e vedere in che modi sei capace di muovere le dita.
Inizio con cose molto semplici che chiunque può provare e, anche se non fanno niente stanno comunque facendo qualcosa, perché lo stare immobili o il fare molto poco fanno parte anch’essi dell’improvvisazione. Mentre il workshop va avanti vedo che energia si crea nella stanza e se è propizia introduco proposte più complesse. La mia intenzione è mettere le persone a proprio agio abbastanza da voler provare quello che propongo.
Penso che l’improvvisazione/esplorazione libera e tecnica/concetto siano entrambi molto utili e siano entrambi praticabili da subito. Come in un dialogo, non hai bisogno di conoscere le parole per comunicare, ma imparare le parole può aiutare.
Quali sono gli elementi più importanti della tua pratica?
L’essere presente, l’ascoltare, il rispetto, l’essere curiosi.
Pensi che il Movement Training faccia parte del fitness?
Fitness è l’essere in forma, e ogni persona può decidere cosa significhi essere in forma per lei. Quindi è una cosa molto personale e dipende dagli obiettivi di ognuno.
Esistono diverse “correnti” di Movement Training (tu, Ido Portal, Fighting Monkey, Tom Weksler, Joseph Bartz, Evolve Move Play, MovNat etc). Pensi che fra tutte queste vi siano più similitudini o differenze, e perché?
È un onore essere in questa lista.
Cosa probabilmente abbiamo in comune: lavoriamo tutti con il corpo e facciamo muovere la gente.
Quali sono le probabili differenze: chi siamo, le esperienze che abbiamo avuto in passato, che cosa ci interessa in questo momento e come lo trasmettiamo (un’altra differenza è che quasi tutte le persone in questa lista sono uomini).
Quali sono le altre tue passioni e cosa fai al di fuori del Movement Training (se ti resta del tempo libero, naturalmente)?
Nel mio tempo libero mi piace offrire bodywork, stare al sole e nella natura, e passare il tempo con le persone che amo.
Ringrazio Shira per avermi concesso questa intervista.
Il suo sito web è: shira.yaziv.com. Qui potete trovare tutte le info e le date sui workshop.
Questo è il suo profilo instagram se volete seguirla.
La foto in evidenza è stata scattata da: Sebastian Arrura.